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Può sembrare strano
parlare di storie fantastiche che riguardano gnomi, fate e folletti.
Eppure fanno parte del
nostro bagaglio culturale, se solo si pensa alla loro origine.
Nessuno può stabilire di preciso quando si sia cominciato a parlare di
questi personaggi fantastici: la loro comparsa risale alla notte dei tempi,
e fino al XVII secolo convivevano con 1’uomo nella vita di tutti i giorni;
solo dopo questa epoca furono man mano consegnati alla leggenda dalla
tradizione orale.
La convinzione di un mondo
parallelo a quello degli uomini nasce quando l’uomo preistorico, di fronte a
fenomeni naturali particolarmente violenti, si mostrava impaurito e
disorientato; però, mano a mano che si evolveva la conoscenza e l’uomo
prendeva confidenza con la natura, si sviluppava in lui l’esigenza di
spiegare perché questi fenomeni si manifestassero. Ecco allora che per
portare il mondo a una dimensione più vicina all’uomo – e quindi più facile
da interpretare – tutto prendeva un’anima, una rassomiglianza umana. Alla
pioggia, al vento, alle piante, all’acqua, a qualsiasi evento, veniva
associato un carattere, cioè la capacita, propria dell’uomo, di gioire,
arrabbiarsi, decidere in base a situazioni diverse. Questo carattere si
staccò progressivamente dal fenomeno cui era associato, fino a vivere di
vita indipendente, incarnandosi in particolari personaggi: il vento,
talvolta impetuoso, talvolta sottile, creava un elfo dall’indole dispettosa;
le fonti e le sorgenti davano vita a fate; gli alberi a folletti o streghe,
e cosi via. L’identificazione delle
forze della natura con esseri fantastici portò ad attribuire a ogni
componente naturale un determinato mito.
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